Similitudine tra cellule tumorali e cellule staminali

(Fonte: www.scienzattiva.eu)

Domanda di:
Valeria Riolo – II F – “IPSSEOA SOVERATO”

Se le cellule tumorali sono meno differenziate del tessuto in cui appaiono e come le pluripotenti continuano a dividersi all’infinito, l’insorgenza del tumore potrebbe essere innescata dalla riattivazione dei geni che determinano la pluripotenza delle cellule staminali embrionali e che vengono silenziati dopo il differenziamento?

Risposta di:
MAURILIO SAMPAOLESI
Esperto in Tessuto muscolare.Professore Associato presso la sezione di Anatomia Umana, Dipartimento di Sanità Pubblica, Neuroscienze, Medicina Sperimentale e Forense, all’Università di Pavia dove insegna Anatomia Umana per l’interfacoltà di Biotecnologie. Consulente presso lo “Stem Cell Research Institute” di Leuven, Belgio e responsabile del laboratorio di Cardiomiologia Traslazionale.
(vedi profilo completo dell’Esperto)

Bellissima domanda che al momemto non trova una risposta definitiva. Sicuramente la riattivazione di geni legati alla pluripotenza sono implicati nel fenomeno neoplastico. Un esempio chiaro è il gene cMyc, considerato un proto-oncogene. Infatti, in molti tumori maligni si riscontra una versione mutata di cMyc che porta il gene ad essere costitutivamente espresso. Ma cMyc è presente anche nelle cellule staminali embrionali ed è uno dei 4 geni indotti dal protocollo Yamanaka (laureatosi premio Nobel nel 2012 ) per indurre la pluripotenza. Il fatto che può essere omesso a discapito dell’efficienza di induzione della pluripotenza ci dice però che non è indispensabile. Un altro esempio è c-Kit o CD117 marker di tante staminali adulte ed espresso anche nelle cellule dei tumori stromali gastrointestinali (GIST). Circa l’80-90% dei GIST è caratterizzato da una mutazione specifica a carico di c-KIT che lo rende costitutivamente espresso. Ma cKit è altamente espresso anche nelle cellule staminali ematopoietiche considerate multipotenti e non pluripotenti. In conclusione, molti geni legati alla pluripotenza che sfuggono al controllo del silenziamento (l’epigenetica ha un ruolo importante in questo processo) possono portare all’insorgenza di tumori. Le nuove linee di ricerca sulle cellule staminali tumorali potranno dare in futuro maggiori informazioni e rispondere meglio a questa domanda.

Risposta di:
ANTONIO UCCELLI
Esperto per l’ematopoiesi. Componente del Centro per la Sclerosi Multipla dell’Università di Genova diretto dal Prof. Gianluigi Mancardi dove svolge attività assistenziale e di ricerca. E’ il responsabile scientifico della Unità di Neuroimmunologia presso la stessa sede.
(vedi profilo completo dell’Esperto)

La domanda è quantomai opportuna infatti relativamente recenti scoperte hanno evidenziato il ruolo di cellule con proprietà equivalenti a quelle delle cellule staminali come parte integrante dello sviluppo e del perpetuarsi di diversi tipi di tumori, in particolare del Sistema Nervoso Centrale, Ematopoietico e tumori al seno. Distinte e rare popolazioni di “tumor-initiating cells” con capacità di autorinnovamento, pluripotenzialità e capacità proliferative hanno quindi portato allo sviluppo del concetto di “cancer stem cells”. È quindi possibile che queste “cancer stem cells” originino a seguito di mutazioni di normale cellule staminali o più probabilmente che esse derivino da mutazioni a carico di cellule progenitrici. Questi progenitori (“transit-amplifying cells”) possiedono una buona capacità replicativa ma non hanno la tipica capacità di automantenimento delle cellule staminali classiche. Per diventare quindi “cancer stem cells” dovranno acquisire mutazioni che le porteranno a possedere tale capacità. Queste cellule potranno poi dare origine a tutte le cellule del tumore primitivo, potranno formare il reservoir di cellule tumorali resistenti alla terapia responsabili di recidive dopo una remissione dovuta dalla chemioterapia, o potranno essere responsabili di metastasi a distanza. Queste evidenze hanno portato alla ricerca di strategie terapuetiche in grado di eliminare questo nucleo di cellule staminali tumorali che si rileverebbero molto più efficaci nel prevenire recidive e lo sviluppo di metastasi a distanza.

 

 

 

  • Staminali nella cura delle malattie autoimmuni

    (Fonte: www.scienzattiva.eu)

    Domada di:
    Maria Vittoria Benvenuto – II F – “IPSSEOA SOVERATO”

    Potrebbero le infusioni di staminali, nel sangue, essere usate per le cure delle malattie autoimmuni? Cosa succede nell’evoluzione delle malattie autoimmuni quando subentra la fase della remissione? Nella fase di remissione, come il corpo “ha riparato” i danni della malattia?

    Risposta di:
    FRANCA FAGIOLI
    Esperto in Cellule staminali ematopoietiche e terapie nelle malattie del sangue. Specialista in Ematologia e in Pediatria, attualmente è Direttore della Struttura Complessa di Oncoematologia e Centro Trapianti dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino.
    (vedi profilo completo dell’Esperto)

    Si definisce malattia autoimmunitaria (o malattia autoimmune) un’alterazione del sistema immunitario tale da comportare lo sviluppo di risposte immuni dirette contro componenti dell’organismo (“self”) in grado di determinare un’alterazione funzionale o anatomica del distretto colpito. Il concetto di malattia autoimmune infatti non coincide con quello di reazione autoimmune, dato che quest’ultimo fenomeno biologico è in realtà estremamente frequente nell’ambito delle normali funzioni di difesa assolte dal sistema immunitario; l’elemento distintivo della malattia autoimmune è piuttosto l’incapacità del sistema immunitario di spegnere i processi diretti contro il self al termine di una fisiologica risposta infiammatoria o di prevenirne lo sviluppo al di fuori di essa. Il processo di attacco autoimmune contro antigeni del self può essere confinato a singoli distretti, tessuti, organi o apparati o avere ricadute dirette o indirette sull’intero organismo (malattia sistemica). L’importanza della cura con le cellule staminali è dovuta alla loro capacità, ben documentata in letteratura scientifica, di avere un effetto immunomodulante ed in particolar modo immunosoppressivo. Questi risultati hanno portato ad effettuare studi e trials clinici su pazienti affetti da alcune patologie autoimmuni, osservando nei gruppi una ridotta mortalità dopo il trapianto di cellule staminali ed un rientro della sintomatologia con miglioramento dell’attesa di vita dei pazienti. In patologie come l’artrite reumatoide, la sclerosi sistemica e la demielinizzazione delle fibre nervose si è osservato un miglioramento dei sintomi con rimodellamento o rigenerazione delle strutture compromesse. Oltre a ciò si è potuto osservare anche un potente effetto anti-infiammatorio con recupero della funzionalità dei tessuti danneggiati. Partendo da questi presupposti, l’utilizzo di cellule staminali mesenchimali adulte in terapia è sicuramente una metodica che potrebbe portare a risultati di considerevole importanza nella cura delle malattie sistemiche autoimmuni, migliorando la qualità della vita ed eliminando cure farmacologiche ed effetti secondari derivanti sia dalla patologia sia dall’assunzione di farmaci, che nella maggior parte dei casi compromettono la funzionalità di organi importanti come fegato e reni. Si tratta purtroppo di patologie ad andamento cronico e quindi, per definizione, progressive. L’obiettivo del medico dev’essere quello di tenerle sotto controllo. Si caratterizzano per l’alternarsi spontaneo di momenti di riaccensione e di remissione. Durante le fasi di quiescenza, si seguono regimi terapeutici a basso dosaggio. Durante la fase di remissione, si ha un’attenuazione dei meccanismi che provocano danno e di conseguenza si assiste ad un ariduzione della sintomatologia.

  • Cellule staminali amniotiche

    a cura di:  Matteo Ingrati

    Le cellule staminali amniotiche  provengono dal liquido amniotico e possono essere ottenute tramite amniocentesi. Queste cellule hanno caratteristiche biologiche molto simili alle cellule staminali embrionali, ma non hanno le controindicazioni di tipo etico legate alla distruzione dell’embrione. Sono molte le patologie per le quali è prevista l’applicazione sull’uomo dei risultati della ricerca ottenuti: dalle malattie della retina, al diabete, alle malattie neurodegenerative, alla chirurgia ricostruttiva, alle malattie rare. Inoltre è stato dimostrato che le cellule staminali amniotiche possono addirittura ridiventare cellule staminali embrionali, con tutte le caratteristiche biologiche delle staminali embrionali ma senza i problemi etici e di stabilità genomica delle embrionali stesse.

    Staminali ottenute dal sangue del cordone ombelicale:
    Il sangue residuo della placenta e del cordone ombelicale  costituisce una fonte di cellule staminali emopoietiche adulte (sono cellule staminali che danno origine a tutte le cellule del sangue ).  Dal 1988 queste cellule staminali da cordone ombelicale sono impiegate per curare il morbo di Gunther, la sindrome di Hurler , la leucemia linfocitica acuta e molte altre patologie che interessano in particolare i bambini. Il sangue è raccolto dal cordone ombelicale – sia in caso di parto spontaneo che di taglio cesareo – facendo un prelievo (in circuito chiuso sterile) dalla vena ombelicale. Una volta raccolto, ne viene calcolato il volume e la quantità di globuli bianchi , che non devono essere inferiori, rispettivamente, a 60 ml e 800 milioni (la quantità dei bianchi minimi alla raccolta è spesso diversa da banca a banca, è però comunemente accettato il fatto che ad unità congelata non debbano essere inferiori a 800 milioni).

  • Cellule staminali adulte

    a cura di: Matteo Iannone e Vincenzo Battaglia

    Le cellule staminali, presenti in molti tessuti, sono le cellule che si  trovano  nel corpo degli esseri umani e degli animali  dopo la fase embrionale. Esse sono capaci di riprodurre delle cellule di ricambio per mantenere il sistema. Le cellule staminali adulte  sono fondamentali per il mantenimento in vita dell’ organismo e dei suoi tessuti. Tra le staminali adulte più importanti, scoperte fino ad ora, ci sono:
    1) Le staminali del midollo osseo, tra le quali si distinguono:
    * le ematopoietiche che hanno il compito di creare le cellule del sangue.
    * le mesenchimali che  generano ossa e cartilagine.
    2) Le staminali dell’ epitelio che  hanno il compito di produrre le cellule del nostro epitelio.
    3) Le staminali cerebrali che  provvedono al rinnovo di alcuni neuroni in alcune zone del cervello.. Vengono chiamate anche cellule staminali somatiche. Le cellule staminali adulte hanno due principali proprietà :
    * devono auto-rigenerarsi, cioè devono poter sostenere diversi cicli di divisione cellulare;
    * devono essere multipotenti cioè devono essere capaci  di generare altre cellule di tipologia diversa.
    Le cellule staminali adulte mantengono le loro proprietà di autorigenerazione per mezzo di due divisioni: asimmetrica e simmetrica. La divisione simmetrica genera due cellule figlie identiche che hanno le stesse caratteristiche delle staminali adulte. la divisione asimmetrica produce una sola cellula staminale, detta progenitrice, e una cellula differenziata.

  • Tar Lazio accoglie ricorso Stamina, sospesa bocciatura metodo

    a cura di: Prof.ssa Anna Maria Froio

    Roma, 4 dic. (Adnkronos Salute) – Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso della Stamina Foundation e ha sospeso la bocciatura del metodo da parte del comitato scientifico nominato dal ministero della Salute.

    “Non è stata garantita l’obiettività e l’imparzialità del giudizio, con grave nocumento per il lavoro dell’intero organo collegiale”. Con questa considerazione il Tar del Lazio ha considerato “ammissibile e anche provvista di sufficiente concretezza” una delle motivazioni avanzate nel ricorso presentato da Stamina Foundation contro la bocciatura del metodo. Davive Vannoni, fondatore di Stamina Foundation, ha sempre sottolineato infatti come i componenti del Comitato si fossero già espressi negativamente contro il metodo prima di essere nominati dal ministero della Salute.

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  • Un’eccellenza italiana

    a cura di: Michela Trotta e Valeria Riolo

    La storia che  vogliamo raccontare è quella che ha per protagonisti due ricercatori italiani: Graziella Pellegrini e Michele De Luca che da 25 anni studiano  le cellule staminali epiteliali e le loro applicazioni nel campo della medicina rigenerativa.

    I due ricercatori si occupano in particolare delle cellule staminali corneali, cioè cellule capaci di ricostruire la cornea, quella parte trasparente dell’occhio  situata sopra l’iride che consente alla luce di passare rendendo possibile la visione. Può succedere, a volte, che la cornea venga danneggiata da traumi o dal contatto accidentale con sostanze chimiche aggressive, determinando la perdita della vista. Al confine tra la cornea e la parte bianca dell’occhio è presente il  limbus, costituito da cellule staminali capaci di ricostruire la cornea stessa.  I due ricercatori hanno scoperto che basta prelevarne una piccolissima parte, anche solo un millimetro,  per ottenere in laboratorio un lembo di epitelio corneale che può poi essere impiantato nell’occhio al posto di quello danneggiato, restituendo la vista al paziente.  A distanza di più di 10 anni dai primi impianti i dati testimoniano che circa tre pazienti su quattro hanno riacquistato la vista.

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  • Cellule staminali pluripotenti indotte: nuove frontiere

    a cura di: Maria Vittoria Benvenuto e Angela Deodato 

    Le cellule pluripotenti indotte (iPSC) sono cellule in grado di autorinnovarsi e trasformarsi in vari tipi di cellula o tessuto dell’organismo. Nel 2006 un gruppo di scienziati giapponesi guidato dal professor Shinya Yamanaka  (vincitore per questa scoperta del premio Nobel per la medicina nel 2012) riuscì ad ottenere le cellule staminali pluripotenti indotte inserendo quattro particolari geni nei fibroblasti di un topo e, alla fine dell’anno successivo, in quelli umani tramite vettori retro-virali  in grado di riprogrammare il genoma di cellule specializzate (come i fibroblasti embrionali di topi o umani)  e di farle ritornare in uno stato simile a quello delle cellule staminali embrionali, ottenendo così la possibilità di generare diversi  tipi cellulari.

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